Energia sostenibile per chi? Questione ambientale tra ottimismo fallibilista e moralismo malmostoso

Energia sostenibile per chi? Questione ambientale tra ottimismo fallibilista e moralismo malmostoso

Il concetto di sviluppo sostenibile entra nella sfera politica globale nel 1987 quando le Nazioni Unite presentano la relazione della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo presieduta dalla ex primo ministro norvegese Gro Harlem Brundtland (Gruppo di studio sull’ambiente 2012). E l’energia è un fattore determinante dello sviluppo economico stesso, se possibile più del capitale stesso che senza di essa è inerte (Giraud 2015).

Ribaltando un aforisma attribuito a Chesterton il mondo della sostenibilità sarebbe una democrazia in cui si da’ diritto di voto anche alle generazioni non ancora nate, invece di tenerle soggiogate all’oligarchia di noi che siamo vivi oggi. Se l’obbiettivo è “uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri” (definizione standard recepita anche da dizionari come il Treccani) iniziamo da questo aspetto deliberativo e procedurale del processo decisionale. Mentre abbiamo una seppur vaga idea di come pensavano e cosa pensavano e volevano le generazioni passate – o meglio, i maschi di mezza età che scrissero in lingue europee – sappiamo poco o nulla di quali saranno i bisogni delle generazioni future e, soprattutto, di come potranno soddisfarli. Certo, potremmo semplicemente proiettare su di loro i nostri bisogni e assetti istituzionali attuali, ma sarebbe un errore. Il detto secondo cui il passato è un altro paese in cui si fanno le cose vale anche per il presente visto da chi arriverà tra cento anni. A meno che non ci aspettiamo che le generazioni future saranno ancora più conservatrici di Chesterton. Ne dubito.

Tradition means giving votes to the most obscure of all classes, our ancestors. It is the democracy of the dead … Tradition refuses to submit to the small and arrogant oligarchy of those who merely happen to be walking about.
[Tradizione significa dare il diritto di voto alla classe più negletta, i nostri antenati. E’ la democrazia dei morti. La tradizione rifiuta di sottomettersi alla piccola e arrogante oligarchia di quelli che per caso sono vivi oggi]

– Chesterton, Orthodoxy (1908) (trad. propria).

L’esempio classico che si trova in letteratura a proposito della non automatica coincidenza tra bisogni presenti e futuri è quello dell’europio. E’ un elemento rarissimo, l’unico che poteva essere usato per generare il colore rosso nei televisori a raggi catodici. Se si fosse applicato il criterio del 1987 ante litteram, consumare europio per produrre televisori a colori sarebbe stato insostenibile perché data la sua scarsità e insostituibilità si sarebbero potute costruire solo alcune centinaia di milioni di apparecchi, privando le generazioni successive (tranne le élite che avrebbero ereditato i pochi apparecchi esistenti) della possibilità di vedere film a colori. Potremmo scommettere che qualche moralista sostenne che in fondo era un falso bisogno: c’era pur sempre il cinema e per l’uso privato potevano bastare i televisori in bianco e nero. Poi qualcuno inventò la tecnologia a cristalli liquidi che non richiede elementi esotici e oggi gli schermi a colori sono praticamente ovunque (Deutsch 2011, 433). 

Sostenibilità è una di quelle che lo scienziato cognitivo Marvin Minsky chiamava “parole valigia”, contenitori dove ci sta dentro un po’ di tutto (lui pensava all’intelligenza, e alla sua varietà artificiale). Sono tali non solo perché si riferiscono a fenomeni complessi, ma anche perché si tratta di questioni eminentemente politiche, terreno di lotta epistemologica tra interessi diversi. Anche se conoscessimo in dettaglio i bisogni delle generazioni future, come rappresentarli con tutte le loro contraddizioni e conflitti all’interno di un processo decisionale? Questo è già difficile farlo oggi per i nostri bisogni, quindi iniziamo con il chiederci sostenibile per chi?

Sostenibile per chi?

Il coordinamento istituzionale globale sotto l’egida delle Conferenze delle Nazioni Unite per il Cambiamento Climatico è un timido passo avanti per migliorare la rappresentanza dei vari interessi almeno all’interno della generazione presente (cosa tutt’altro che facile). Questo è necessario perché alcune scelte apparentemente motivate dalla ricerca di maggiore sostenibilità energetica non hanno le stesse conseguenze per tutti. 

Con la premessa che in quanto segue non intendo offrire una valutazione pro o contro l’energia nucleare (impossibile in poche righe), prendiamo come esempio l’uscita dal nucleare. I governi di alcuni paesi europei, spinti da robusti movimenti di opinione pubblica ambientalista, hanno interrotto i loro programmi di energia nucleare civile. È successo in particolare in Italia con il referendum post-Chernobyl del 1986, e nella Germania di Schroeder, che decide l’uscita dal nucleare scaglionata nel 2001, e di Angela Merkel che l’accelera dopo l’incidente di Fukushima del 2011.

La decisione dei governi tedeschi di chiudere l’ultima centrale nucleare nel 2022, quindi molto prima dell’ultima a carbone nel 2038 significa maggiori emissioni complessive di gas serra rispetto allo scenario inverso (indipendentemente dalla produzione da fonti rinnovabili). Questo è politicamente possibile anche perché il rischio nucleare (percepito) è localizzato sui votanti, mentre quello del cambiamento climatico è diluito globalmente. Le popolazioni più a rischio di desertificazione o inondazione dovute al cambiamento climatico non hanno avuto voce in capitolo nelle argomentazioni pro e contro il nucleare in Europa, ma ne subiranno gli effetti in misura maggiore. Gli elettori italiani e tedeschi hanno scelto di allontanare da sé un evento (incidente nucleare) a probabilità bassissima infliggendo ad altri (anche a sé stessi, ma in misura minore) le conseguenze del cambiamento climatico praticamente certo che colpirà prima e più gravemente le popolazioni delle zone tropicali e semi-desertiche. Inoltre, l’accresciuta dipendenza dal gas russo ha generato un maggior rischio politico le cui conseguenze sono oggi sotto gli occhi di tutti. 

Quantità, velocità, qualità

Per analizzare sistemi anche solo moderatamente complessi servono alcuni strumenti concettuali di base che per quanto elementari non sono sempre scontati nella discussione pubblica. Nonostante l’Italia possa contare su una delle classi dirigenti più colte del mondo, formata sui classici paradossi del phármakon, sono comuni le equiparazioni qualitative di fenomeni in cui si osserva una proprietà indipendentemente dalla sua prevalenza relativa. (Penso ad esempio al rozzo relativismo del “in fondo non c’è differenza nella condizione della donna tra Italia e Arabia Saudita, anche da noi ci sono molte discriminazioni e femminicidi”). Ma quantità è spesso qualità.

Oppure ci si ferma a valutazioni di statica comparata senza tenere conto degli effetti dinamici. Non basta osservare che il cambiamento climatico è sempre avvenuto. Le modificazioni ambientali hanno sempre modellato l’evoluzione umana (Kreier 2022) che, come tutte le altre specie, ha accumulato questi adattamenti sotto forma di nuove conoscenze inconsce codificate in lunghe catene polimeriche di acidi nucleici. Cambiamenti climatici su scala temporale più ridotta, negli ultimi due o trecentomila anni, hanno provocato altri tipi di adattamenti e l’accumulo di conoscenze sotto forma di cultura, molto più facile da riprodurre, modificare e trasmettere. Giulio Boccaletti (2021) in particolare ricostruisce l’impatto dell’eterna mobilità dell’acqua sullo sviluppo delle istituzioni politiche delle società umane dal momento in cui diventano stanziali. La cifra distintiva del cambiamento climatico in corso non è tanto la sua origine antropica, ma l’inaudita velocità a cui sta avvenendo. Anzi, proprio l’accelerazione esponenziale del cambiamento climatico negli ultimi cinquant’anni ha fatto sì che i suoi effetti divenissero visibili durante la stessa generazione che li ha causati, rendendo possibile una presa di coscienza e azione politica planetaria mai vista prima. 

Non esistono le risorse naturali

Un’altra fallacia presente in alcune concettualizzazioni della sostenibilità è l’ipotesi del pianeta Terra come sistema chiuso, con una quantità finita di “risorse naturali” da trasmettere alle generazioni future. La versione cosiddetta forte della sostenibilità prescrive che si debba trasmettere alle generazioni future un capitale naturale costante. La versione debole ammette invece che si possano sostituire forme di capitale manufatto a quote di capitale naturale distrutto. 

Ma questa ipotesi evidentemente non sussiste dal momento che la Terra riceve un flusso enorme di energia dal sole ed è immersa in un sistema astronomico (compresi gli asteroidi capaci di causare eventi di estinzione di massa). Inoltre, non esistono “risorse naturali” intrinsecamente date una volta per tutte. Esistono materie prime di origine naturale, spesso relativamente scarse, ma la mediazione tecnologica è sempre determinante per trasformare una materia prima in risorsa. La stessa superficie agricola coltivabile è sempre stata un bene scarso, da secoli oggetto di conflitti, ma non ancora esaurito nonostante i periodici allarmi. Esistono solide evidenze empiriche sull’andamento della produttività agricola, innovazioni dei trasporti, efficienza energetica, e smaterializzazione dell’economia (l’uso di una quantità minore di energia e materie prime per produrre un unità di prodotto interno lordo) che dimostrano come l’umanità ha dimostrato una grande abilità nel risolvere i problemi dei limiti dello sviluppo dovuti ad una quantità finita di “risorse naturali” (Ausubel, Wernick, e Waggoner 2013). Questo non significa che i problemi dei limiti dello sviluppo siano risolti per sempre, al contrario. E’ semplicemente un’indicazione di quanto sia importante l’accelerazione dello sviluppo delle conoscenze per affrontare sempre nuovi problemi. 

Immaginiamo Sisifo felice mentre risolve problemi

A volte il concetto di sostenibilità presuppone una nozione di “equilibrio” di un ecosistema, ma questo è un artefatto perché sposta su un concetto ancora più evanescente l’impostazione di una politica globale. Come ricordato da varie fonti e riassunto efficacemente dal Gruppo di studio sull’ambiente di Aggiornamenti sociali, la sostenibilità non va intesa come uno stato stazionario in cui il presente proietta e riproduce se stesso indefinitamente sul futuro. Al contrario, il fisico David Deutsch, l’ “inventore” della informatica quantistica e una delle menti più brillanti del nostro tempo, nella sua originale opera filosofica The beginning of infinity, sottolinea come il modo migliore per assicurare sostentamento (soddisfare i bisogni) è scommettere su un dinamismo insostenibile, ovvero di rapida crescita delle conoscenze scientifiche, morali e politiche basate su teorie esplicative che permettano di affrontare e risolvere i problemi – ad oggi ancora sconosciuti – che inevitabilmente si presenteranno (Deutsch 2011, 420 e ss.). 

Se qualche arcata sopracciliare si fosse incurvata leggendo una riformulazione dell’idea di progresso, notiamo che il pessimismo malmostoso è intrinsecamente conservatore ed elitario. Immersi in una realtà storica dinamica e dialettica che continuamente da’ di sé (Ellacuría 1990) dal momento che proviamo a farci carico di questa realtà emergono inevitabilmente problemi e confitti, per mancanza di conoscenze e interessi conflittuali (il pessimismo della ragione che non si racconta favole). Tuttavia, i problemi sono risolvibili (Deutsch 2011, 64–65), nei limiti delle leggi della fisica, dello stato delle conoscenze e dei rapporti di forza (ottimismo della volontà). Bisogna scommettere su un processo di discussione aperta, falsificazione ed eliminazione progressiva delle teorie e, in parallelo, sulla deliberazione democratica a rappresentanza ampia che vaglia ed elimina le politiche che hanno fallito. Il premio saranno nuovi problemi, ma “migliori” dei precedenti. 

Sostenibilità delle fonti rinnovabili di energia

Se la definizione standard di sviluppo sostenibile è di fatto inapplicabile, i seguenti criteri possono informare una valutazione sulla sostenibilità delle fonti rinnovabili di energia:

  1. Rappresentanza efficace di una varietà di interessi, in particolare dei poveri, in un processo decisionale aperto e democratico. 
  2. Decentramento e sussidiarietà. 
  3. Analisi del ciclo di vita degli impianti con basse emissioni di gas serra, materie prime riciclabili, bassa tossicità dei sottoprodotti / scarti.
  4. Basso costo livellato dell’unità di energia elettrica prodotta…
  5. … comprensivo dei costi di immagazzinamento e gestione della rete.

Quest’ultimo criterio di solito non viene considerato nel calcolo del costo livellato dell’energia (LCOE) e rappresenta ad oggi il principale punto critico delle fonti rinnovabili a maggiore intermittenza come fotovoltaico ed eolico. L’Agenzia internazionale per l’energia ha iniziato a tenerne conto di recente e permetterebbe una comparazione metodologicamente più solida con i processi di produzione di energia elettrica da fonti fossili. 


Riferimenti

Abousahl, S, P Carbol, B Farrar, H Gerbelova, R Konings, K Lubomirova, M Martin Ramos, et al. 2021. Technical Assessment of Nuclear Energy with Respect to the «Do No Significant Harm» Criteria of Regulation (EU) 2020/852 (‘Taxonomy Regulation’).

Ausubel, Jesse H., Iddo K. Wernick, e Paul E. Waggoner. 2013. «Peak Farmland and the Prospect for Land Sparing». Population and Development Review 38: 221–42.

Boccaletti, G. (2021). Water: A biography. Pantheon Books.

Chesterton, G. K. 1908. Orthodoxy.

Deutsch, David. 2011. The beginning of infinity: explanations that transform the world. London: Allen Lane.

Ellacuría, Ignacio. 1990. Filosofía de la realidad histórica. 1. ed. Colección Estructuras y procesos, v. 7. San Salvador, El Salvador, CA: UCA Editores.

Giraud, Gaël. 2015. «Les défis énergétiques pour un développement durable : comment éviter l’effondrement ?» Revue d’economie du developpement 23 (3): 5–18.

Gruppo di studio sull’ambiente. 2012. «Energia e sostenibilità. Strumenti per la riflessione». Aggiornamenti Sociali, gennaio, 18.

Kreier, Freda. 2022. «Record-Breaking Simulation Hints at How Climate Shaped Human Migration». Nature, aprile.


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